Per due sere consecutive, il 7 e 8 agosto, l’eterea bellezza del Parco Archeologico di Egnazia ha ospitato la musica dal vivo del Locus Festival, presente anche quest’anno nel ricco cartellone di eventi estivi “Wow! Fasano”.

Tre gli artisti protagonisti sul palco, circondati da tanti musicisti e da un pubblico entusiasta di poter finalmente cantare sotto alle luci di un palcoscenico, in una cornice suggestiva come poche. Una condivisione di ritmi, parole cantate, melodie ballate, una “taranta” liberatoria per tutte quelle mancanze patite nei mesi passati senza le attese nelle platee, senza le performance sui palchi. E così la coppia Colapesce-Dimartino prima, e Antonio Diodato dopo, hanno cancellato ogni astinenza con due concerti sorprendenti.

Ad aprire il weekend musicale a pochi passi dai resti della Via Traiana è stato il duo di origini siciliane composto da Lorenzo Urciullo e Antonio Dimartino, alias Colapesce e Dimartino, entrati nel mainstream con Musica leggerissima, la canzone rivelazione dell’ultimo Festival di Sanremo. Anticipati dalla suadente voce di Any Other – anche loro corista e musicista insieme ad Alfredo Maddaluno e Giordano Colombo –, i due musicisti e cantautori hanno proposto molti dei pezzi del loro ultimo album dal titolo I mortali²: da Cicale, Rosa e Olindo, Luna araba (nella versione originale cantata con Carmen Consoli), e poi ancora Noia mortale, L’ultimo giorno, Raramente, Cuoreintero, Ti attraverso, Totale, Giorni buoni, Satellite, Non siamo gli alberi. Immancabile l’ironica hit Toy Boy (che li vede duettare con l’iconica Ornella Vanoni), fino a Decadenza e panna, Parole d’acqua, I mortali e, chiaramente, Musica leggerissima, risuonata per un pubblico che aspettava di ascoltarla sin dai primi minuti del live. La loro chimica durante le esibizioni è stata un crescendo di ironia, battute, chitarre cambiate a seconda dei pezzi da presentare. A chiudere due bis: l’omaggio a Franco Battiato con Povera patria e l’allegra Majorana, conclusione di uno show molto apprezzato, per la bravura dei due artisti, per la loro simpatia e l’intensità della loro musica.

E se di intensità parliamo ci risulta facile il collegamento con Diodato, sotto i riflettori di Egnazia nella serata di domenica 8 agosto. Accompagnato da una band di eccellenze – Rodrigo D’Erasmo (violino), Andrea Bianchi (chitarre), Alessandro Commisso (batteria), Gabriele Lazzarotti (basso), Lorenzo Di Blasi (tastiere), Beppe Scardino (sax baritono e fiati) e Stefano “Piri” Colosimo (tromba e ottoni) -, il cantautore ha letteralmente stregato il pubblico presente, tra nuovi brani e vecchi cavalli di battaglia.  Racconti personali, momenti malinconici alternati a chiacchiere amichevoli, talvolta anche nel suo dialetto pugliese: Antonio Diodato ha avvolto gli spettatori in un forte e prolungato abbraccio, scendendo anche tra di loro.  Una scaletta ricca, iniziata con l’esplosiva Di questa felicità, seguita da Un’altra estate, Ubriaco, Mi fai morire, E non so neanche tu chi seiMi si scioglie la bocca. Non mancano le intime confidenze di pezzi come Solo, La luce di questa stanza, Babilonia, Adesso, Quello che mi manca di te, Cosa siamo diventati. È un omaggio a una stella del calcio, con tanto di coreografia programmata, il singolo L’uomo dietro il campione, che anticipa una sequenza di certezze della sua discografia: Fino a farci scomparire, Gli alberi, Fai rumore, prima della chiusura affidata a Essere semplice, Non ti amo più e Che vita meravigliosa, un vero inno che lo ha consacrato come il primo artista italiano a vincere nella stessa annata non solo il Festival di Sanremo, ma anche il premio David di Donatello per la “Migliore canzone originale” come colonna sonora del film “La dea fortuna” di Ferzan Özpetek.

Un’atmosfera magnetica quella creata in questa seconda serata di musica nel cuore del sito archeologico fasanese, due ore di concerto piene di sensibilità, ricchezza emotiva, esecuzioni coinvolgenti di quelle che ti lasciano ricco dentro e che vorresti rivivere, appena possibile. E allora la speranza è proprio quella che, anche per le prossime estati, si possa tornare a godere di nuove esibizioni di pari calibro nel cuore della Storia di quella antica città “costruita sulle acque tempestose”, come scriveva il poeta Orazio alla fine del I secolo a.C., ma capace di illuminare ancora tanto, anche con il supporto della Cultura.

di Angelica Sicilia

 

 

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